di Roberta Anselmi
[tempo di lettura: 4min]
Diciassette anni e un tirocinio scolastico presso uno studio di commercialisti. Ero impacciata. Io i numeri non li avevo mai capiti. Dalle scuole elementari avevamo cominciato a viaggiare su binari separati e paralleli. Non ci eravamo più incontrati.
Un giorno la più altera dell’ufficio mi chiamò, mi porse una busta chiusa e mi disse di andare velocemente all’ufficio postale per la data certa. Io annuii e non feci domande. Mi faceva paura, non mi rivolgeva mai la parola e si vedeva che mal sopportava la presenza di una tirocinante che dava più impicci che aiuto. Mi affrettai per portare a compimento la richiesta ricevuta.
Uscii dal palazzo. Ero così agitata che tutto mi sembrava estraneo, anche l’ufficio postale, che si trovava all’inizio della via di casa mia. Entrai e mi misi pazientemente in fila. Le persone erano tante. C’era chi aveva pacchi da spedire, raccomandate da compilare, bollette da pagare. Un bimbetto scalpitante e qualche anziano in attesa della pensione. Insomma, un bel minestrone di umanità e solo due operatrici agli sportelli.
Una non lasciava trasparire particolari emozioni. Distaccata, procedeva con le operazioni e interagiva raramente con le persone allo sportello, mentre l’altra era visibilmente alterata. La quantità di persone presenti la infastidiva e non faceva nulla per nasconderlo. Pregai di non dover andare al suo sportello e, invece, indovina un po’?
Fortunatamente con me fu abbastanza gentile, appose il timbro con la data e mi restituì la busta. Imbucai la lettera nella cassetta rossa adiacente l’ufficio postale e presi la via del ritorno. Tornai in ufficio e ritrovai subito la collega che mi aveva mandata in posta. Mi fece una domanda sola, che bastò a farmi gelare il sangue nelle vene.
«La busta?» chiese, tendendo una mano verso di me.
Credimi se ti dico che in quel momento avrei preferito si aprisse una voragine sotto di me, invece risposi: «L’ho imbucata.»
Lei non batté ciglio.
«Torna a prenderla.»
Ma come? L’ho I-M-B-U-C-A-T-A!
Non ebbi il coraggio di rispondere. Mesta, uscii nuovamente dal palazzo. Entrai nell’ufficio postale. C’era ancora molta gente ed era rimasta solo l’operatrice spazientita. Avrei voluto piangere. Rimanevo al mio posto e non sapevo se augurarmi che la fila scorresse o rimanesse ferma.
Quando arrivò il mio turno, ero un fascio di nervi. Dalla disperazione presi coraggio e dissi tutto d’un fiato: «Stofacendountirociniomihannomandataperunadatacertahoimbucatolaletteraeadessolarivogliono!»
L’operatrice si girò, prese un mazzo di chiavi e incurante della fila che attendeva mi disse: «Vieni con me.» Prese una grande cesta e la mise sotto la cassetta rossa. Aprì lo sportellino, lasciò che tutte le lettere cadessero e, insieme, trovammo la mia.
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L’autrice dice di se stessa:《Sono Roberta, anima inquieta e curiosa. Appassionata di comunicazione e copywriting》– Roberta Anselmi