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Martin ogni mattina faceva sempre lo stesso percorso. All’angolo della strada prendeva al volo il giornale lasciando le monete nell’apposito contenitore e salutando a malapena il giornalaio con un sorriso appena accennato. Incrociava gli sguardi delle stesse persone che come lui facevano lo stesso tragitto, senza guardarle negli occhi. Era un grande osservatore dei dettagli, ma non vedeva le persone.
Era capace di ricordare il colore di un abito abbinato in modo inopportuno ad un paio di scarpe sbagliate e non chi lo indossasse. Poteva notare il trucco sbavato su una donna trasandata, senza vedere cosa riflettessero i suoi occhi. Non aveva tempo per guardare, solo per osservare. Era completamente concentrato sul suo obiettivo. Diventare qualcuno, velocemente e senza intralci di nessun tipo.
Acquistava ogni cosa on line per non perdere tempo nei negozi, evitava i rapporti a due per non incorrere nel rischio di dover rivedere i suoi progetti e aveva chiuso ogni rapporto con la sua famiglia d’origine per non essere coinvolto in impegni che lo avrebbero deconcentrato. Si poteva definire un uomo arrivista, e con un’urgenza di vivere tale da non accorgersi di chi avesse intorno.

Ogni mattina, arrivando alla stazione della metropolitana, passava davanti ad una ragazza che cantava accompagnata dalla sua chitarra, in cerca di spiccioli, senza fermarsi mai ad ascoltarla. Scendeva le scale mobili incrociando persone di ogni tipo, intente a raggiungere velocemente le proprie destinazioni. Dentro a un brusio di voci e sibili di treni che coprivano quel silenzio che in tanti si portavano dentro. Ma quella mattina qualcosa di insolito stava per accadere.
Pochi passi dietro Martin c’era Julia, una ragazza tra le tante che prendevano ogni giorno la metro. Apparentemente banale e insignificante al punto che Martin, tutte le volte che l’aveva incontrata, aveva al massimo notato quanto fosse anonima. Lei invece, sin dal primo giorno, aveva subito notato il suo sguardo e tutto quello che quegli occhi raccontavano. Riusciva a leggere il cuore delle persone semplicemente guardandole e amava fantasticare su quello che le trasmettevano.
Aveva intuito quanto Martin fosse concentrato su se stesso ma era sicura che, dietro quello sguardo vuoto, ci fosse un animo buono e forse un passato doloroso. Non aveva mai trovato un’occasione per iniziare un discorso con lui e, con la sua calma e disincantata pazienza, aspettava il momento giusto, fiduciosa. Al contrario di Martin, Julia non aveva fretta di vivere, sapeva godere di ogni momento della sua giornata, cogliendo sempre il meglio dalle persone che incontrava.
Se Martin notava l’usura sull’abito di una passeggera trasandata, lei notava con quanto amore una donna era riuscita a rammendare un buco sulla manica di quel vecchio cappotto. Si perdeva ad immaginare quante storie potesse aver vissuto, quanti bimbi potesse aver tenuto tra le braccia o quante lacrime avesse potuto asciugare su quella manica.

Quella mattina Martin e Julia stavano scendendo parallelamente lungo la tripla fila di scale mobili della metro, quando all’improvviso tutto si bloccò. Martin ebbe un momento di stizza pensando al ritardo che avrebbe causato quel blocco, Julia invece fu felice di trovarsi proprio al suo fianco. Un annuncio chiese a tutti i passeggeri di non muoversi per nessun motivo dal punto in cui si trovavano e di mantenere la calma. I treni sbarrarono le porte scorrevoli per non lasciar salire o scendere nessun passeggero.
Cosa stava succedendo? Un attentato? Poteva esserci una bomba nella stazione o un attentatore integralista con dell’esplosivo pronto a far saltare tutti in aria. La paura cominciava a disegnarsi sul volto delle persone che, ammutolite, rimanevano immobili dove si trovavano, consapevoli del fatto che non potevano fare altro. Il silenzio che si era creato stava diventando più assordante di tante urla strazianti.
Fu probabilmente per rompere quell’insostenibile vuoto che la cantante in cerca di spiccioli intonò una canzone che, in quel silenzio, tutti poterono sentire. Non era una canzone qualsiasi. La conoscevano tutti, era una preghiera. Anche Martin la conosceva bene, gliela cantava ogni sera sua nonna. Gliela cantò anche la sera prima di morirgli tra le braccia. La sera stessa in cui decise di andarsene dalla piccola città di provincia in cui viveva per correre verso la sua inarrestabile vita altrove.

In quel momento accadde qualcosa di incredibile. Tutti iniziarono a cantare la canzone e ben presto un coro di centinaia di voci ruppe un silenzio insopportabile. Martin, per la prima volta dopo tanto tempo, ebbe un cedimento e, nell’immobilità in cui era costretto, riuscì a sentire tutto il bisogno d’amore e la paura di vivere che aveva dentro di sé. Affranto, si appoggiò sul corrimano della scala come per trovare un appoggio.
Julia lo aveva osservato per tutto il tempo e, appena vide quel gesto capii che il momento che aveva sempre aspettato era arrivato. Appoggiò la mano su quella di Martin e lui, girandosi, per la prima volta, la guardò negli occhi e la vide. Vide tutto il suo amore, e ritrovò quel calore che non aveva più sentito.
Rimasero così per alcuni minuti, perdendosi ognuno negli occhi dell’altro, fino a quando un nuovo annuncio comunicò che si era trattato di un guasto tecnico che aveva causato un black out totale in tutta la zona. Non era successo niente. Apparentemente.
Da quel giorno la vita di Martin non fu più la stessa. Ogni mattina, passando dal giornalaio, si fermava sempre a scambiare due chiacchiere con lui. Arrivando alla stazione metropolitana trovava sempre il tempo di ascoltare almeno una canzone della ragazza con la chitarra. Aveva scoperto che si chiamava Rita, come sua nonna, ed era più che convinto che non fosse una casualità. Di tanto in tanto, rientrando a casa di sera, gli capitava ancora di correre. Non vedeva l’ora di tornare dalla sua Julia.
Fine
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L’autore dice di se stesso: 《Ciao sono Ugo e ho davvero tante passioni: dal cinema, alla musica, alla moda e, non ultima, la scrittura. Ho sempre amato scrivere tutto quello che mi passava per la testa, forse per assicurarmi di non essere solo quello che sono》– Ugo Domeniconi