31 agosto 1968 [originale]


[[VERSIONE ORIGINALE, NON EDITATA]

Il seguente racconto è stato editato secondo questi punti:
Rosa: errori grammaticali
[sintassi, espressioni scorrette, coniugazione dei verbi ecc…]
Azzurro: errori dal punto di vista della scrittura
[ripetizioni, punteggiatura dialoghi incoerente, tic letterari, sviste stilistiche]
Giallo: questioni tematiche o di coerenza narrativa

Ci siamo concessi un attimo per realizzare. Poi ci siamo abbracciati e coccolati, andando a consacrare quel momento non perfetto, ma che ci si avvicinava. Namo va’ – me sò detta – Se pò rifà?
Mica se l’è fatto ripetere. S’è piazzato di nuovo su e ha fatto una magia. L’ho sentito respirare così forte che non so dire che mi paresse. Era come se ripetesse il mio nome all’infinito.

Essere una cosa sola è allucinante, terrificante anche, ma la seconda volta è andata meglio, ed eravamo così stanchi che ci siamo accasciati a guardare le stelle. Non osavo dire niente. Se non che ne volevo ancora.

Dià, te lo dico, in quel letto non ci è entrata la Otti che conosci tu. 
È come se improvvisamente mi si fosse svelato il segreto dell’universo. Come se potessi guardare ogni lato di lui senza dovermi spostare, come se c’avessi mille occhi. Parte di lui mi sta ancora addosso, fuso con la mia pelle. Se solo potessi strapparmi di dosso queste sensazioni e immortalarle per sempre.

E invece sto stesa a letto, fisso il soffitto, cerco scuse plausibili per fuggire e cambiare identità e intanto mi sento Hush dei Deep Purple. Se una canzone potesse descrivere il peccato che abbiamo commesso io e quell’altro, questa sarebbe il pezzo giusto.

Penso che m’addormenterò e mi darò per malata quando Mà o Francè arriveranno per portarmi in spiaggia. Lì non ci torno. Devo prima fare i conti con il fatto di aver svoltato. Da oggi non sono più Otti. Sono un po’ più Leo che Otti.

Domani, domani si vedrà. Un altro giorno, un altro mese. Per ora, mollatemi sull’isola il 30 agosto 1968, slegate le barche e lasciatemi qua.

Fine

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