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Mater Tenebrarum, Mater Sospiriorum, Mater Lacrimarum. Erano tre personaggi che popolavano la mente di tre sedicenni irrequieti come noi, affascinati dall’occulto, a metà strada tra il gioco e il bisogno di una risposta al nostro sentirci diversi.
Ci nutrivamo di horror, storie di vampiri che si svegliavano a mezzanotte e celebravamo la notte di Ognissanti, aspettando il ritorno dei morti. Da qui a pensare di diffondere questa usanza il passo fu breve. Nessuno sapeva cosa fosse Halloween nel 1982 e noi volevamo diventarne i diffusori.
La sera del 31 ottobre 1982 decidemmo di celebrare il rito fuori dalle mura di casa. Truccati come morti viventi, vestiti di veli neri e sporchi di rosso sangue, ci avventurammo in giro per le strade della città sperando di avere in questo modo l’opportunità di parlare di questo rito.
I trucchi e i costumi non bastarono per ottenere quello che desideravamo. Per noi non era una carnevalata. Facevamo sul serio. Anche se derisi e sbeffeggiati non ci lasciavamo scoraggiare e quando intuivamo che non c’era interesse andavamo oltre, accontentandoci di attirare sguardi.
Vagammo per le strade più buie della città, aspettando colei che non avevamo paura di incontrare: la signora in nero. Poco prima della mezzanotte ci preparammo al rito e ci avviammo verso il luogo più indicato: il cimitero monumentale della città.
Era perfetto: circondato da filari di cipressi e ombre giganti che vegliavano sui morti, avvolto da un silenzio spettrale che il vento tra gli alberi rompeva. Era il momento giusto per il nostro rito. Una musica si diffuse nello spazio assumendo un suono irreale, come se arrivasse da un aldilà che si stava aprendo a noi.
Tenendoci per mano tutti e tre, come le tre madri, ci unimmo in una cosa sola per incontrare la signora in nero e, non temendola più, diventare immortali con Lei.
Completamente calati in quell’atto di congiungimento soprannaturale, quando sentimmo un grido disperato alle nostre spalle, cominciammo a urlare anche noi in preda al terrore: «LA MORTE!!!».
Aveva un viso rugoso, segnato dal tempo e forse dal fuoco. Ma non dell’inferno. Probabilmente del lungo lavoro nei campi, di tutta una vita di fatica. Finita così.
Uno spavento troppo forte a quell’età. Forse pensò di aver incontrato veramente la morte e che fosse arrivata la sua ora. Invece aveva incontrato tre adolescenti convinti di essere le tre madri, tre personaggi di un maledetto film infernale.
Il giorno seguente, i giornali locali riportarono la notizia del ritrovamento del corpo di un anziano signore colto da infarto sulla strada che costeggiava il cimitero. Tra la gente abituata a creare leggende si diffuse la diceria che, visto il luogo, avesse incontrato la morte in persona e che lo avesse preso con sé.
Non parlammo mai più di quella notte. Anzi, non ci parlammo proprio più. Smettemmo di frequentarci e le nostre strade si separarono. Ognuno rimase con il suo senso di colpa e il suo segreto inconfessabile. Anziché incontrare la Morte per unirci a lei e diventare immortali, diventammo inconsapevolmente assassini. Per sempre.
Anni dopo, l’usanza di festeggiare Halloween si diffuse anche in Italia. Ridotta a un’operazione di marketing, venne svuotata del suo significato più intimo, rendendola una serata ludica e divertente. Ma non abbastanza per me.
Ogni 31 ottobre penso a quella sera in cui ho perduto la mia innocente voglia di andare verso l’invisibile, ritrovandomi con un fardello visibile e insopportabile ancora oggi.
Fine
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L’autore dice di se stesso: 《Ciao sono Ugo e ho davvero tante passioni: dal cinema, alla musica, alla moda e, non ultima, la scrittura. Ho sempre amato scrivere tutto quello che mi passava per la testa, forse per assicurarmi di non essere solo quello che sono》– Ugo Domeniconi