Un trucco per l’anima


[tempo di lettura: 3 min]

Il manicure perfetto delle mani insieme al tailleur formale mi fanno pensare che sia una donna di buon gusto, attenta ai dettagli.

Si è presentata all’appuntamento in perfetto orario e con un sorriso accennato sul volto, come se non fosse un problema trovarsi lì e dover affrontare ancora certi argomenti. 

È la seconda volta che convochiamo Clarisse Stanford a un colloquio per parlare di sua figlia Geraldine e del suo atteggiamento a scuola.  Vogliamo capire meglio la situazione.

Dal primo colloquio è emerso che la bambina tende a evitare qualunque tipo di avvicinamento da parte dei compagni e che interagisce il minimo indispensabile anche con il corpo docenti. Come impaurita da tutti gli altri. La madre ci ha candidamente confidato le loro vicende personali che, in qualche modo, possono giustificare gli atteggiamenti della figlia.

Sono arrivate in città da meno di un anno. Lei e la figlia, sole. Per tentare di lasciarsi alle spalle una vita tormentata e segnata da vicende molto pesanti. Ci ha parlato, senza risparmiarci i dettagli, di un marito molto violento, alcolista e dedito a sostanze stupefacenti; sfogava la sua frustrazione in famiglia sulla moglie e sulla figlia, vittime di soprusi e violenze verbali. La loro vita era diventata un incubo. Inutili le richieste di aiuto che avevano cercato di far arrivare alle persone più vicine a loro e anche alla polizia.

Come accade spesso in queste situazioni, senza il reato conclamato, non partono nemmeno delle indagini. Alla luce di questo racconto, i comportamenti di Geraldine ci sono sembrati più comprensibili e giustificabili.

La disponibilità della signora Stanford nel parlarci di queste vicende e la trasparenza con cui si è posta nei nostri confronti ci hanno obbligato a rassicurarla sulla nostra intenzione. Abbiamo deciso di porre una particolare attenzione su Geraldine e aiutarla nel cercare di far superare alla figlia i traumi vissuti.

La decisione di convocarla una seconda volta è giunta in seguito a due motivi. Il primo è la necessità di capire come erano riuscite a uscire da quella situazione e il secondo è la scoperta di segni di violenza sul corpo di Geraldine che ci avevano fatto temere una ricomparsa del padre. Il mio istinto mi diceva che in tutta questa storia manca un tassello.

Ora, alla domanda su come siano riuscite a sottrarsi a quell’uomo così violento, Clarisse sta rispondendo con estrema tranquillità. Troppa tranquillità. Ci sta dicendo che il marito è morto. Stroncato da un malore dovuto all’abuso di sostanze stupefacenti mescolate all’alcool.

Mentre accavalla le gambe sulla sedia, noto una profonda smagliatura nel collant che sbuca da sotto la gonna di quell’elegante tailleur. Mi sembra il segnale che ci sia qualcosa di non vero in lei e nelle sue parole. Tutto troppo facile, mi dico. Non si racconta una storia del genere con quella fredda tranquillità.  Non si rivive una violenza di quel tipo senza nessun turbamento.

Decido insieme ai colleghi di non affrontare il secondo argomento previsto e prendo tempo. Ripenso a quella smagliatura del collant e al tassello mancante. A ciò che nascondono. La madre con un abile ruolo da interpretare e la figlia con il suo silenzio. 

Ci sono parole che non si possono dire, realtà che si devono nascondere o capovolgere. A volte, per sopravvivere, siamo costretti a costruircene una perfetta, impeccabile come un tailleur elegante. Sono trucchi per proteggere l’anima.

Fine

Racconto originale [senza editing]: in arrivo

L’autore dice di se stesso: 《Ciao sono Ugo e ho davvero tante passioni: dal cinema, alla musica, alla moda e, non ultima, la scrittura. Ho sempre amato scrivere tutto quello che mi passava per la testa, forse per assicurarmi di non essere solo quello che sono– Ugo Domeniconi


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